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DIRITTO D'AUTORE E OPERE D'ARTE

  • Avv. Giulia Castelli
  • 4 ott 2017
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 18 gen 2022

Il diritto d'autore


La libertà di espressione e la libertà artistica sono principi tutelati dalla Costituzione italiana agli artt. 21 e 33. Dette libertà, tuttavia, incontrano quale limite il rispetto dei diritti altrui e, in particolare, del diritto d’autore. Ai sensi dell’art. 2575 c.c. “formano oggetto del diritto di autore le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

La legge n. 633/1941 (legge sul diritto d’autore, l.d.a.) elenca e precisa le opere dell'ingegno di carattere creativo protette dal diritto d’autore, tra le quali rientrano le arti figurative (art. 1), le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari (art. 2, n. 4), i disegni e le opere dell’architettura (art. 2, n. 5), nonché le opere fotografiche (art. 2 n. 7).

Ai sensi della legge citata, l'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera, nonché di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, originale o derivato (art. 12 l.d.a.). In particolare, spetta all’autore l’esercizio, tra gli altri, dei seguenti diritti esclusivi di natura patrimoniale: a) il diritto di riproduzione (art. 13 l.d.a.); b) il diritto di comunicazione, diffusione e messa a disposizione al pubblico (art. 16, comma 1 l.d.a.); c) il diritto di distribuzione e messa in commercio o in circolazione (art. 17, comma 2 l.d.a); d) il diritto di cessione in noleggio (art. 18 l.d.a.); nonché, tra gli altri, i seguenti diritti morali: a) il diritto di essere pubblicamente indicato e riconosciuto come creatore dell’opera; b) il diritto all’integrità dell’opera.



Le opere di pubblico dominio e quelle di libera utilizzazione


Sfuggono alla tutela patrimoniale prevista dalla normativa sul diritto d’autore, e sono quindi suscettibili di libero utilizzo, tutte le opere creative di cd. pubblico dominio - ad es. per esaurimento del diritto di seguito o per rinuncia dell’autore ai propri diritti sull’opera - nonché quelle di cd. libera utilizzazione, tra le quali: gli articoli di attualità pubblicati su riviste o giornali (art. 65, comma 1 l.d.a.); le singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori (art. 68, comma 1 l.d.a.); il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e loro comunicazione al pubblico per uso di critica o di discussione o per fini di insegnamento o di ricerca scientifica, esclusivamente per finalità illustrative e per fini non commerciali (art. 70, comma 1 l.d.a.); la pubblicazione su internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro (art. 70, comma 1 bis l.d.a.).



I beni culturali


Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004, convertito in legge 6 luglio 2002, n. 137, c.b.c.), invece, si occupa di prestare tutela ai beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti (art. 10, comma 1 c.b.c.).

Sono beni culturali “le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico” (art. 10, comma 1 c.b.c.), e in particolare: le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi (art. 10, comma 2, lett. a) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio (art. 10, comma 4, lett. c); le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio (art. 10, comma 4, lett. e). Oltre ai beni pubblici, inoltre, possono essere dichiarati beni culturali anche i beni di proprietà privata che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (art. 10, comma 3).

In ogni caso, precisa l’art. 10, comma 5 c.b.c., affinché un bene possa essere riconosciuto d’interesse culturale devono, ulteriormente, sussistere due condizioni: 1) che l’autore sia deceduto; 2) che l’opera sia stata realizzata da più di 50 anni se si tratta di un bene mobile ovvero da oltre 70 anni nel caso di bene immobile o architettonico.

La vigilanza sui beni culturali compete al Ministero ai sensi dell’art. 18 del codice, mentre la soprintendenza ha la facoltà, in ogni tempo, di eseguire ispezioni volte ad accertare l'esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni culturali (art. 19 c.b.c.). Tra le prerogative del Ministero si ricorda la facoltà di autorizzare il prestito di beni culturali per mostre ed esposizioni (art. 48 c.b.c.) nonché l’uscita temporanea degli stessi dall’Italia per manifestazioni, mostre o esposizioni d'arte di alto interesse culturale (art. 66 c.b.c.), ovvero la loro alienazione (art. 56 c.b.c.). I beni culturali, inoltre, possono essere concessi in uso a singoli richiedenti per finalità compatibili con la loro destinazione culturale (art. 106 c.b.c.), dietro pagamento di un canone, e può altresì esserne autorizzata, previo corrispettivo, la loro riproduzione, anche tramite fotografie, nonché l'uso strumentale e precario (art. 107 c.b.c.), fatte salve, in ogni caso, le sopra richiamate disposizioni in in materia di diritto d’autore.



La durata della tutela patrimoniale del diritto d’autore e il cd. diritto di seguito delle opere d’arte originali.


I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano, ai sensi dell’art. 20 l.d.a., per tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte: l’opera risulterà quindi liberamente utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo (art. 32 ter l.d.a.). Nel caso in cui le parti o i volumi di una stessa opera siano pubblicati separatamente, in tempi diversi, la durata dei diritti di utilizzazione economica decorre per ciascuna parte o per ciascun volume dall'anno di pubblicazione (art. 30 l.d.a.).

In campo artistico, all’autore dell’opera d’arte spetta, oltre ai diritti patrimoniali sopra richiamati, altresì il c.d. diritto di seguito e cioè il diritto ad un compenso sul prezzo di ogni vendita successiva alla prima (art. 144, comma 1 l.d.a.), per tutta la durata della sua vita e fino a settant'anni dopo la sua morte (art. 148 l.d.a.), in seguito alla quale il diritto si trasmette ai suoi eredi e, in difetto di successori entro il sesto grado, viene devoluto “all’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici (ENAP) per i propri fini istituzionali” (art. 149 l.d.a.).



La riproduzione e l’elaborazione di un’opera protetta dal diritto d'autore.


Come sopra ricordato, l’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera, nonché di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, originale o derivato (art. 12 l.d.a., cit.).

Tra le forme di utilizzazione economica tutelate vi è, in particolare, il diritto esclusivo di riproduzione dell’opera, ai sensi dell’art. 13 della legge sul diritto d’autore.

L’opera derivata dall’elaborazione creativa o rielaborazione di un’opera protetta è altrettanto tutelata dalla legge sul diritto d’autore e gode di una propria autonoma tutela rispetto all’opera originale. Per poter legittimamente rielaborare un’opera d’arte, tuttavia, è necessario il previo consenso dell’autore dell’opera originaria, o chi ne detiene i diritti.



La riproduzione dei beni culturali.


Le opere creative di cd. pubblico dominio sfuggano alla tutela patrimoniale prevista dalla normativa sul diritto d’autore e siano quindi suscettibili di libero utilizzo. Le opere entrano nel pubblico dominio nel momento in cui siano scaduti i diritti di sfruttamento economico, generalmente settanta anni dalla morte dell’autore, ovvero sia decorso il tempo massimo di tutela stabilito dall’ordinamento.

L’opera in pubblico dominio può liberamente essere pubblicata, riprodotta, tradotta, recitata, comunicata, diffusa, eseguita, salvo il rispetto, in ogni caso, dei diritti morali in capo all’autore.

Per quanto riguarda invece, in particolare, i beni culturali, questi anche se entrati nel pubblico dominio, comunque non sono riproducibili liberamente. Il loro diritto di riproduzione, infatti, è attribuito all’ente titolare della tutela del bene culturale: ai sensi dell’art. 107 c.b.c., infatti, “il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione nonché l'uso strumentale e precario dei beni culturali che abbiano in consegna”, fatte salve, naturalmente, le disposizioni in materia di diritto d'autore.

Gli enti che hanno in consegna i beni culturali, pertanto, possono consentirne, a loro discrezione, la riproduzione a titolo oneroso nonché l’uso strumentale dietro pagamento di un canone di concessione (art. 108 c.b.c.), quale compenso riconosciuto alla collettività per lo sfruttamento da parte di un singolo soggetto di un bene che rappresenta un interesse pubblico a causa del suo valore culturale.



Il decreto Art Bonus del 2014


In seguito all'approvazione del decreto Art Bonus del 2014, il comma 3 dell’art. 108 c.b.c., prevede che “nessun canone è dovuto per le riproduzioni richieste da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro, neanche indiretto”, salvo in ogni caso il rimborso delle spese sostenute dall'amministrazione concedente.

Il successivo comma 3 bis, del medesimo articolo, specifica che, “purché attuate senza scopo di lucro, neanche indiretto, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale” sono in ogni caso libere le seguenti attività: 1) fotografare i beni culturali, ma solo “con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né l'esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né l'uso di stativi o treppiedi”; 2) divulgare con qualsiasi mezzo le immagini dei beni culturali legittimamente acquisite ma solo “in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte dall'utente se non, eventualmente, a bassa risoluzione digitale”. Questa è la vera novità della recente modifica: libere foto nei musei e libera circolazione sul web purché non a scopo di lucro e a bassa risoluzione.


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